Con l’ordinanza n. 29505/2021 la Corte di Cassazione ha affermato il seguente principio: nel caso in cui i consumi elettrici registrati nel triennio siano bassi, l’amministrazione comunale può disconoscere l’agevolazione prevista dall’art. 8 del d.lgs. 504/1992 per l’abitazione principale.
Come sappiamo, per abitazione principale si intende l’unità immobiliare in cui il soggetto risiede anagraficamente e dimora abitualmente.
L’articolo in parola riconosce una detrazione pari al 50% per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto inutilizzati, pur se limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni.
Perché la Cassazione ha deciso in tal senso?
Ecco spiegato l’arcano: gli scarsi consumi di energia elettrica registrati in un congruo periodo di tempo (triennio) costituirebbero una valida fonte probatoria idonea a smentire la presunzione di abituale dimora nel luogo di residenza.
Traducendo dal legalese in un linguaggio umano: se consumi poco, non è che forse non abiti in quella casa? E se non ci abiti, non hai diritto alle agevolazioni prima casa, ovvio. Tutto chiaro?
L’esenzione non spetta, inoltre, se l’immobile è accatastato come ufficio o studio. La prova di consumi contenuti rappresenta, tuttavia, una presunzione semplice e non assoluta: ciò significa che il contribuente può ben offrire la prova contraria.
Fiat lux!