Una delle questioni che affligge maggiormente i nostri clienti è la gestione della compravendita di un immobile di provenienza donativa.
Il terzo acquirente del bene donato, oltre alla possibilità di vedersi sottrarre il bene dagli eredi del donante, potrebbe trovarsi in difficoltà se ha necessità di richiedere il mutuo per l’acquisto: la banca potrebbe non accordare il mutuo in ragione della minor garanzia ipotecaria gravante sugli immobili oggetto di donazione.
Vediamo quali sono le ipotesi che possono verificarsi e i rimedi esperibili a tutela dell’acquirente.
LA DONAZIONE
La donazione è un contratto consensuale ad effetti reali «col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione» (art. 782 c.c.).
Chi beneficia della donazione è detto “donatario”.
Dalla definizione codicistica si evince che la donazione:
. è un contratto a titolo gratuito («per spirito di liberalità», noto come “animus donandi”);
. consiste nell’impoverimento del patrimonio del donante;
. realizza un arricchimento nel patrimonio del donatario.
La donazione richiede il consenso del donatario e si perfeziona con l’accettazione di questi, espressa contestualmente all’atto oppure notificata al donante con atto separato; prima che il contratto si perfezioni, entrambe le parti possono revocare le loro dichiarazioni.
La donazione avente ad oggetto un bene immobile va redatta, sotto pena di nulità, per atto pubblico (forma ad substantiam).
Quando la donazione ha ad oggetto un bene immobile, è necessaria la trascrizione (art. 2643, n. 1, c.c.).
La legge non ammette il preliminare di donazione prevedendone la nullità: i beni donati devono essere presenti nel patrimonio del donante al momento della donazione.
DONAZIONE E SUCCESSIONE
Quando il donante muore, le vicende donative si intersecano con la successione del donante.
Pur se il bene donato è fuoriusciuto dal patrimonio del donante, non cadendo in successione, il donatario e i suoi aventi causa potrebbero essere esposti alle rivendicazioni degli eredi del donante.
L’esempio tipico è quello del terzo acquirente che ha acquistato il bene donato.
Si possono verificare due ipotesi:
1. Il donatario è un legittimario
Sono legittimari gli eredi ai quali la legge riserva una quota di eredità (c.d. “legittima”) anche in presenza di un valido testamento: il coniuge, i figli e gli ascendenti (genitori e nonni). Nell’eventualità che sia stata alterata la parità di trattamento tra coeredi, la legge offre il rimedio della collazione.
2. Il donatario non è un legittimario
In tale ipotesi gli eredi legittimari possono impugnare le disposizioni donative creando ripercussioni sul terzo acquirente, qualora il bene oggetto di donazione sia stato successivamente alienato.
I rimedi offerti dalla legge a tutela dei legittimari sono le azioni di riduzione e di restituzione.
LA COLLAZIONE
L’azione di collazione (art. 737 c.c.) ha la finalità di ristabilire la parità di trattamento tra coeredi (coniuge e discendenti) e non venga alterato il rapporto tra le quote.
L’istituto trova applicazione all’interno della divisione ereditaria; consiste nell’obbligo, da parte degli eredi che hanno accettato l’eredità e ricevuto donazioni quando il de cuius era ancor in vita, di conferire i beni stessi alla massa erditaria, salvo che il defunto non li abbia da ciò dispensati. In tal caso la dispensa opera esclusivamente nei limiti della quota disponibile (quella di cui il defunto poteva liberamente disporre).
Cosa avviene se il bene donato sia stato nel frattempo alienato prima che intervenga la collazione?
In tal caso il terzo acquirente non corre alcun rischio: la collazione, infatti, può essere fatta in natura (il donatario restituisce il bene ricevuto) o per imputazione (il donatario restituisce il controvalore del bene).
L’AZIONE DI RIDUZIONE
Diversamente dalla collazione, l’azione di riduzione (artt. 553 ss. c.c.) tutela direttamente l’erede legittimario leso o il legittimario escluso dall’eredità (pretermesso).
Essa ha lo scopo di rendere far dichiarare inefficaci nei confronti dei legittimari le disposizioni della donazione il cui valore ecceda la quota disponibile. Ecco le principali caratteristiche dell’azione di riduzione:
. può essere esperita da:
a) gli eredi legittimari (coniuge, figli, genitori, nonni) che abbiano accettato con beneficio di inventario (ovvero chiedendo la separazione del proprio patrimonio da quello del defunto), i loro eredi o aventi causa (art. 557 c.c.);
b) i legittimari pretermessi (cioè che non hanno acquistato la qualità di eredi), i loro eredi o aventi causa;
. è un’azione personale, non cedibile;
. può essere oggetto di rinuncia soltanto dopo la morte del donante (diversamente si ricadrebbe nel divieto di patti successori).
Se il legittimario avente diritto alla riduzione ha accettato con beneficio di inventario, la riduzione non può essere chiesta, né possono approfittarne:
. i donatari;
. i legatari;
. i creditori del defunto.
L’azione di riduzione si prescrive in 10 anni dall’apertura della successione (o meglio, dall’accettazione dell’eredità, Cass. civ. sent. 20644/2004).
L’AZIONE DI RESTITUZIONE
Una volta ottenuta la sentenza che accoglie la domanda di riduzione, il legittimario può recuperare il bene attraverso l’azione di restituzione, anche quando questo sia stato alienato a terzi, qualora il patrimonio del donatario si riveli incapiente.
L’azione di restituzione è, pertanto, un’azione reale. Il terzo può liberarsi dall’obbligo di restituire il bene versando al legittimario l’equivalente in danaro.
L’azione di restituzione si prescrive decorsi 20 anni dalla trascrizione della donazione.
OPPOSIZIONE STRAGIUDIZIALE ALL’ATTO DI DONAZIONE
La decorrenza del termine di prescrizione ventennale è sospeso se il coniuge e i parenti in linea retta del donante notificano e trascrivono nei registri immobiliari contro il donatario e i suoi aventi causa un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione.
Diversamente dall’azione di riduzione, l’opposizione non mira a instaurare un giudizio ma la mera funzione di impedire l’estinzione del diritto alla restituzione del bene.
L’opposizione deve essere rinnovata prima che siano decorsi 20 anni dalla sua trascrizione, pena la perdita di efficacia.
La rinuncia all’opposizione non importa mai rinuncia alla riduzione, ma soltanto l’impossibilità, decorsi i termini previsti dalla legge, di chiedere la restituzione del bene presso il donatario o i suoi aventi causa.
LA CIRCOLAZIONE DEL BENE DONATO
La legge 80/2005, di conversione del decreto sulla competitività, ha apportato alcune modifiche al fine di eliminare l’incertezza giuridica gravante sulla circolazione degli immobili di provenienza donativa.
Nella normativa vigente è previsto un doppio termine decorso il quale il legittimario leso o pretermesso non può più recuperare il bene presso il terzo acquirente:
a) sono decorsi 10 anni dall’apertura della successione e il coniuge e i parenti in linea retta del donante non hanno notificato e trascritto nei registri immobiliari contro il donatario e i suoi aventi causa domanda di riduzione. Parimenti, il terzo acquirente è al sicuro se, pur non essendo ancora decorsi i 10 anni dall’apertura dalla successione, questi abbia ottenuto dai legittimari un atto formale di rinuncia all’azione di riduzione (dopo la morte del donante);
b) sono decorsi 20 anni dalla trascrizione della donazione e il coniuge e i parenti in linea retta del donante non hanno notificato e trascritto nei registri immobiliari contro il donatario e i suoi aventi causa un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione.
Analogamente, il terzo acquirente è al sicuro se, pur non essendo ancora decorsi i 20 anni dall’apertura dalla successione, questi abbia ottenuto dai legittimari un atto formale di rinuncia all’azione di restituzione.
I RIMEDI A TUTELA DELL’ACQUIRENTE DEL BENE DONATO
Quali sono dunque, le tutele che la legge offre all’acquirente di un bene donato per evitare la restituzione del bene agli eredi del donante? Vediamoli insieme.
1. Lo scioglimento della donazione per mutuo dissenso
Con l’accordo delle parti, il contratto di donazione può essere sciolto (anche parzialmente). In questo modo gli effetti dell’atto di donazione si dissolvono, ed è come se il bene non fosse mai uscito dal patrimonio del donante. Qualora il donante voglia vendere il bene la compravendita interverrà direttamente tra venditore (donante) e acquirente.
2. Il rimedio assicurativo
La polizza assicurativa annulla i rischi connessi all’acquisto di un bene immobile di provenienza donativa; può essere stipulata sia dal donante che dal donatario, contestualmente alla donazione o con atto successivo. La durata della polizza coincide con la prescrizione dell’azione di restituzione. Le somme assicurate tengono conto del valore commerciale degli immobili al momento della stipula.
3. La rinuncia all’azione di restituzione
Mentre l’azione di riduzione può essere oggetto di rinuncia solo nel caso in cui si è aperta la successione (artt. 458 e 557 c.c.), la rinuncia all’azione di restituzione è valida anche se il donante è ancora in vita (il divieto non è menzionato dall’art. 563 c.c., che disciplina le modalità di esercizio dell’azione di restituzione).
Le azioni di riduzione e restituzione, pur essendo connesse (la restituzione presuppone che sia stata esperita e dichiarata vittoriosa in giudizio l’azione di riduzione) sono infatti indipendenti e rispondono ad esigenze diverse.
CONCLUSIONI
La scelta di acquistare un immobile di provenienza donativa va ponderata accuratamente, considerando tutte le circostanze concrete e la convenienza dei singoli rimedi esperibili caso per caso.
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